Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto
una specie di strumento ottico
che egli offre al lettore
per permettergli di discernere
quello che, senza libro,
non avrebbe forse visto in se stesso.
(Marcel Proust)
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In copertina: Grey Est – Viaggio onirico – tecnica mista, olio e acrilico su tela – 90 x 90 – 2012.
Angela Giassi
Nel parallelo ideale
di Omar Battiston
monografia
N. 49 COLLANA IMPORTANT
Editrice Totem
1
La vita
2
Opere, premi
3
Il nodo critico
1
La vita
Omar Battiston è nato a Motta di Livenza, in provincia di Treviso, l’11 gennaio 1971 e ha vissuto i suoi primi anni di vita a Corbolone di Santo Stino di Livenza (VE), fintanto che una situazione familiare insostenibile lo ha portato a vivere per circa 3 anni presso i nonni materni a Gorgo al Monticano (TV).
La foto di copertina della prima silloge, Il volo, lo ritrae infatti, piccino, nel cortile della casa dei nonni.
Nel 1977 si trasferisce a Motta di Livenza dove trascorrerà tutta la giovinezza, fino al 1998, anno del suo matrimonio con Marzia, con la quale ha avuto 3 figli (Thomas nel 2000, Alex nel 2003 e Stella nel 2009).
Diplomatosi regolarmente a Portogruaro (VE) nel 1990, dopo un primo anno da dipendente presso un’azienda del mobile di Motta di Livenza, presta servizio militare nella Brigata Alpina Julia, ottenendo risultati eccellenti, col grado di caporal maggiore istruttore (Primo per votazione al corso Allievi Graduati Istruttori) e successivamente viene presentato dal proprio comandante di compagnia al generale come “miglior caporale istruttore del Battaglione Alpini di Codroipo (UD)”.
In seguito riprende il lavoro dipendente, e presto decide di aprire una partita iva e intraprendere la professione di promotore finanziario, professione che svolge tuttora.
Attualmente risiede a Rivarotta di Pasiano di Pordenone (PN) ed è molto attivo nel campo del volontariato sportivo e sociale prestando la sua opera in qualità di segretario del Consiglio Pastorale della propria parrocchia, rappresentante di classe alle scuole medie, membro del consiglio della locale scuola materna, dirigente-accompagnatore del settore giovanile della società calcistica “I Falchi” del comune di residenza. Fa parte del gruppo lettori in chiesa ed è membro della nascente consulta familiare comunale. Ama lo sport e gioca regolarmente a calcetto più volte alla settimana.
In diverse occasioni è stato ospite di radio locali, in veste di scrittore e non solo.
Si è preso lo sfizio di partecipare anche alle selezioni di Italia’s Got Talent a Milano.
2
Opere e Premi
Omar Battiston compone poesie fin da ragazzo: la lirica Visione fatale, scritta come compito in classe nel 1988, compare nella sua prima raccolta edita, Il Volo, pubblicata dalla Editrice Albatros, Roma, nel 2011.
Nel 2013 pubblica con le Edizioni Omino Rosso, la seconda raccolta poetica Vita.
Pur non partecipando spesso a concorsi o premi letterari, ottiene numerosi riconoscimenti:
Al Premio Letterario Ibiskos 2012, ottiene attestato di merito e pubblicazione in relativa antologia.
Al concorso Emozioni… La collana del pensiero poetico, 2012, Edizioni Si, Roma. Inserimento di alcune poesie nella pubblicazione antologica.
Alla 5a edizione del Premio Internazionale Città di Cattolica, Pegasus Literary Awards, riceve la menzione d’onore.
Alla 6a edizione del Premio Albero Andronico, Roma, ottiene il diploma di merito.
Al Premio Nazionale Poesia Edita Leandro Polverini 2013, è 6° classificato nella sezione poesia minimalista con la seguente motivazione: Una poesia che procede per estesi segmenti sintattici di addizioni laddove una soggettività problematizzata dal contatto dolente con il mondo della vita osserva da lontano l’io scrivente nella sua cadenza di dolci inciampi e di spostamenti improvvisi che equivalgono ad altrettanti indugi amorosi e a nuove passioni. La silloge contiene minimaliste modulazioni tonali, il cui ritmo e suono non vogliono allertare o disturbare il proprio oggetto (il presidente della giuria Tito Cauchi).
Al Premio Letterario Nazionale – Pensieri Inversi 2013 la giuria gli assegna il 2° posto assoluto.
Al Concorso Letterario – Un desiderio sotto l’Albero, 2012, ottiene l’inserimento nella relativa antologia.
Alla 2a edizione del premio Jacopone da Todi, 2013, gli viene conferita una segnalazione di merito.
3
Il nodo critico
Il paesaggio espressivo della poesia ci permette di scorgere, tra le righe, l’universo umano, ancor prima che lirico, del suo Autore laddove l’indole espansiva di Omar Battiston regala al lettore un universo parallelo preciso, particolareggiato, denso di sfumature inattese. La puntuale osservazione dell’uomo, com’anche della natura e dei comportamenti sociali, rimandano ad un nodo individuale pulsante, il cui motore creativo è costantemente in funzione a captare, tra le pieghe di un sorriso o tra i passi di un bambino, l’attimo poetico, subitamente catturato in liriche impulsive.
Nella poesia di Omar Battiston l’urgenza nervosa del verso e una certa frenesia fisiologica guidano – con uno stile misuratissimo – la composizione in un difficile equilibrio tra il confine rassicurante e insieme tragico delle proprie radici e la consapevolezza di una materia astratta dolorosamente arsa e incandescente.
Al centro del labile confine tra realtà empirica e universo onirico laddove forze propulsive e incontenibili del profondo inseguono liricamente una memoria che tace dietro le quinte di un sipario aperto, l’Autore interseca piani di esperienza naturalista con le tracce consunte di un passato dove percezione reale e immaginazione si mescolano, avvicendano, confondono in un labirinto di simboli, che visita con coraggio la persistenza dell’io come misura delle cose.
Al termine di scoscesa pista
s’apre orizzonte infin alla vista.
S’alza lo sguardo sui toni del verde
ed il pensiero un poco si perde.
Il breve frammento da Il torrente, contenuta nella seconda silloge pubblicata, Vita, è significativo di una frequentazione felice con il verso rimato che caratterizza quasi tutta la produzione lirica dell’Autore, conferendo continui rimandi timbrici, che si tingono talvolta di ironia beffarda, smaliziata e autentica.
Sveglia infingarda e traditrice
non mi svegliasti come s’addice!
Son già le 8 nel tuo indicare
l’ora che timbro a lavorare!
M’alzo di scatto…Ahi! Mio divino!
Infrango ginocchio sul comodino…
Saltando e imprecando vo’ barcollando
con le movenze d’orango–tango.
Il banale inconveniente mattutino diventa un pretesto per costruire una divertente ballata, dove gli intoppi si susseguono in rocambolesca maniera, facendoci sorridere dapprima e forse anche scoppiare in una liberatoria risata finale, allo svelarsi della realtà: la sveglia non ha suonato perché è giorno di festa.
Il quotidiano, nelle sue particolari declinazioni, assaporate nei luoghi familiari e il gustare delle emozioni che vi sono contenute, è il territorio privilegiato del poeta. E, se in Ritardo la componente grottesca diviene cifra stilistica predominante, lo sguardo disincantato e divertito di fronte alle umane manchevolezze, al vizio e ai vezzi, segna e determina una modalità tutta personale di intendere il mondo e di gioire anche dell’apparente insignificante.
Le due raccolte pubblicate e le poesie inedite sviluppano e contengono tutte l’originalità e l’autenticità di un atteggiamento che riguarda la vita vissuta e di cui la poesia si fa specchio, possibilità comunicativa, dono.
E spazia, con medesima maestria dai componimenti amorosi, alle liriche intime, dal ricordo vivido dei cari, alle suggestioni del cielo e dei colori che di continuo lo trasformano.
Si attraversano, leggendo le sue poesie, le stagioni e l’infinito girotondo cromatico che esse dipingono sul paesaggio; nella raccolta Vita, l’Autore dedica a ciascuna delle quattro stagioni una poesia, sintesi di percorsi emotivi profondi, densi di luce, dove i sensi, tutti coinvolti ad intessere con la natura un rapporto di amoroso scambio, si amplificano e fluiscono sulla pagina con naturalezza.
Poesie visive, ma anche tattili, olfattive, che ci accompagnano in una ideale passeggiata amorosa, conciliante.
Sgombro di nubi, il cielo sovente
permette visioni di orizzonti lontani
lasciando viaggiare distante la mente
fin sulla cima d’innevati monti.
Talvolta folata di gelido vento
seppur lambito da raggio solare
ricorda che, a breve ma lento
il gelo sta per approdare.
Nelle liriche, il tentativo di riappropriazione della umana ricchezza emotiva, con le sue molteplici sfumature, procede composto, talvolta con toni calmi e quasi sussurrati, altrove con l’urgenza di un proclama. Con accenni vibranti l’Autore invoca la natura stessa a realizzare il ripristino della sua originaria bellezza, come nei versi che riportiamo, da Primavera
Dall’erba dormiente sbucan colori
di primi petali, dei primieri fiori
coi loro profumi che fan sospirare
che destano i sensi e li fan scalpitare.
Trapela un sincero stupore, uno sguardo quasi fanciullo di sapore pascoliano, capace di accogliere i piccoli mutamenti dell’aria, e trarre da essi un rinnovato desiderio di vita, di adesione all’universo sensibile, laddove la scia di un aereo trasporta soave la fantasia.
Vi è in Omar Battiston la piena consapevolezza della fitta tramatura che lega l’uomo alla natura, e da essa l’Autore si lascia assorbire, assecondando i ritmi circolari dell’alternarsi delle stagioni, del minuto trasformarsi delle cose intorno; ma, come nel poeta di San Mauro, la scelta non è puramente descrittiva, funge piuttosto da contrappunto e rimanda ad un interiore corale, alla percezione dell’umano sentire, finalmente condivisibile.
Tale immediato contatto con l’emozione ci rende il poeta vicino: i suoi segnali, espressi in stile sostantivo, si sedimentano negli spazi della memoria, la narrazione del sé passa attraverso la misurazione dello sguardo e del linguaggio dell’Io, oscillante tra vari registri. Trame di senso che si accordano ad un’inguaribile voglia di volteggiare tra le rime, di veleggiare in un cosmo sconfinato, contenitore fisico e antropologico di ogni possibile metamorfosi.
Si alternano, nelle liriche di Omar Battiston, due pulsioni distinte, che pur si compenetrano: se da un lato l’osservazione attenta delle variabili umane e della natura si riversa sulla pagina in ritratti puntuali, aderenti al vero e vibranti di una realtà traslucida, dall’altro la spinta spirituale, quasi filosofica, coinvolge ed emoziona il lettore, innalzandolo a confidente privilegiato di un’urgenza comunicativa.
La struttura ritmico-fonica, che quasi sempre rinuncia alla rima per rendere più libera la musicalità del verso e il movimento delle immagini, riverbera un uso accorto delle assonanze sparse poeticamente in un testo colmo di significati e di raffinate allusioni, conseguendo un riuscito equilibrio tra suono e silenzio.
Guidata è la penna
da verità nel suo corso
a far sì che quei versi
giungan più puri.
Solo in poesia
ritrovo i riflessi
i meandri messaggi
che giungon dal cuore.
Della necessità di aprire le pieghe nascoste dell’anima alla possibilità comunicativa, senza filtri, senza timidezza alcuna, ben dice, nella prefazione a Vita, Pier Paolo Begotti: “Omar ha qualcosa da dire e lo fa con termini tutti suoi. Termini “in versi”, poiché usa la poesia per esprimersi e per comunicare, ma anche termini “inversi”, poiché in certo qual modo inverte l’ordine stesso della composizione di un testo: nella poesia e in particolare nella costruzione della frase del nostro Autore, le parole (i termini) si rincorrono nella riga senza tener conto della precedenza del soggetto rispetto al verbo o dell’aggettivo rispetto al sostantivo.”
Lo sguardo del trevigiano si posa su una realtà solo apparentemente consueta e il suo verseggiare, che si abbandona a scompigli grammaticali, segue la scia di emozioni amplificate
Volta celeste avvolge serena
statico mondo pigro dormiente
sol battiti d’ali di quanto in quanto
giungon a romper atmosfera silente.
E se la natura, nei suoi riflessi cangianti come nei dolenti silenzi si fa spesso specchio a quest’animo sensibile, non meno empatia suscita l’uomo, colto nei suoi momenti privati, non consapevole di essere osservato, come nella vivace Il bar della Pro Loco.
C’è l’uomo educato e sempre composto
che batte in cassa ogni singolo costo
e la coppia di bionde simpatiche e belle
talvolta scambiate per due sorelle.
Il rimo incalzante della rima, aggiunge sovente ironia e disincanto, ma pur sempre trapela un innegabile amore per il genere umano, studiato con l’attenzione di un abile fotografo, capace di scattare istantanee eloquenti e inedite.
Compito del poeta è dunque “inspirare” e lasciarsi ispirare dagli umori dei luoghi, restituire la corrispondenza tra tutto ciò che esiste e si riesce a vivere, dall’eccitazione indicibile, all’appagamento, dalla gioia di una nuova nascita, fino al doloroso addio di una persona cara, sentendosi parte di un sincretismo vibrante, mai statico.
Poesie che conservano memoria dei venti che le hanno attraversate, dei sapori e delle sfumature di luce che hanno reso alcuni istanti degni di venir dilatati e conservati nello spazio di pochi attimi, e poi fissati prestamente sulla pagina.
Pulsioni, che non possono essere trattenute, e che giocano con i versi una danza da innamorati, a tratti scherzosa e scanzonata, quasi a indicarci nella leggerezza la soluzione filosofica dell’esistenza, ma capaci di toccare, spesso inaspettatamente, anche corde intime e zone d’ombra che si svelano nel profondo.
Il senso di appartenenza, una spinta ancestrale dannunziana scaturisce dall’unione della propria individualità con un essere altro, con l’altro da noi che è la natura, con il sentimento religioso che non si cela, ma viceversa si apre verso un orizzonte infinito.
Due
Due mondi:
lo sento e lo so
che oltre la Terra
un altro ce n’è.
E ancora due vite:
io credo davvero
che dopo del corpo
è l’anima a viver.
Due doni divini
son cielo e la Terra
uniti laggiù
in un lieve orizzonte.
La poesia dunque, che si fa specchio di una vita vissuta, senza reticenze e senza rassegnazione alcuna, ma anzi spesso sostenuta dalla profonda convinzione che dalla caduta ci si rialza più forti, temprati dalla prova, pronti ad affrontare le avversità che verranno. Citiamo alcuni versi da Il guerriero rinato.
Risorto è perché
dopo mala sconfitta
ed assai dolorosa
egli ha capito:
inteso che in fondo
val molto di più
un vivo soldato
che un morto graduato.
L’eroe, il soldato, il condottiero, sono immagini che ritornano anche in Avventuriero piegato, dove il dolore per la sconfitta ci mostra un uomo ferito, che non teme di mostrare la fronte chinata e il proprio incerto barcollare, ma che continua a credere nella sua propria rinascita, nella possibilità di risollevare lo sguardo, fieramente, e ritrovare il coraggio che l’ha sospinto da sempre.
Ora l’eroe vaga ramingo, in un mondo che non riconosce più e che non lo riconosce: tuttavia in questa tenebrosa bruma, assaporando l’amarezza del suo fallimento e la perdita di un’identità consolidata, la memoria di impavide gesta mantiene l’animo saldo e non permette di abbandonarsi alla cieca disperazione.
Motore pulsante, la forza creativa, sempre implicita in Omar Battiston, è possibilità di tramutare il destino a proprio favore, con la convinzione indiscussa della perenne rinascita, per risalire la china e ritornare a spaziare in volo, assaporando appieno la dolcezza e la vitalità dell’esistenza.
Tensione verticale, esperienza di pienezza che si traduce in versi che paiono inni, come ben nota Silvia Leoni, nella prefazione a Il Volo: “Ma quello che maggiormente colpisce è la gioia con cui egli si dà alla poesia e alla vita nello stesso tempo. Siamo infatti lontani da tanti rovelli interiori, dolori, sofferenze. Qui la poesia è gioia, è vita, è inno all’esistenza. Questi componimenti sono simili a delle sinfonie in cui prevale la leggerezza a discapito del dolore, troppo spesso ostentato. È un grido di felicità. È la capacità di saper cogliere ogni giorno lo stupore, con curiosità, mai pago della bellezza del mondo”.
Non vi è tuttavia, unicamente questo sentire, a pervadere le opere, e a ben leggere tra le righe e tra le rime, la materia autobiografica viene filtrata anche attraverso una sincera consapevolezza del dolore e della sofferenza.
Capir se il dolore
che provo al momento
vale il mio cuor
o se è vano tormento.
Questo anelito trova nella scrittura poetica un consolante rifugio, un piccolo luogo del cuore dove riposare, prender fiato, dissetare la smania, sfogare nel ricordo la varietà delle emozioni di un’anima capace di gioire delle meraviglie del creato per ricavarne un rasserenante appagamento.
Metaforica rosa
che è senza le spine:
mi manca qualcosa…
delle persone vicine!
Altrove, i versi finali di Sfiducia ci porgono una chiave di lettura ulteriore: l’intima esigenza espressiva risponde ad una ancor più profonda necessità di aprire al dialogo con l’altro un sentire acceso, che raggiunge i picchi dell’entusiasmo com’anche la tragica solitudine del dolore.
Ecco allora che le liriche si popolano di voci e volti. La galleria dei ritratti di Omar Battiston, è colorata e vitale, come se questo sguardo sempre positivo, a cercare il buono e il bello di una realtà che talvolta appare grigia e sfuggente, non smettesse di trovare occasioni per posarsi su luoghi e situazioni. Troviamo così liriche dedicate alle festività, volte a cogliere aspetti inusitati, talvolta con leggera ironia, talaltra con incantato candore.
Seguiamo la bianca colomba
seguiamola fino alla tomba
fin quando, planando veloce
dispiega le ali come una croce.
L’Autore cattura, in brillanti componimenti, il succo stesso delle atmosfere che lo circondano, così che, osservando dal suo ufficio il colorato viavai che anima il giorno di festa del martedì grasso, non può fare a meno di ritagliarsi un momento privato per riversare sulla pagina la leggiadra allegria che trapela
Mille coriandoli di mille colori
mille dolciumi dai mille sapori.
Tra stelle filanti lanciate qua e là
quel bimbo balzella con mamma e papà.
E se non fatichiamo a immaginare quel cucciol di bimbo da ape vestito, ci appare pur chiaro che permane nell’Autore la capacità di cogliere il mondo con il medesimo stupore divertito, che forse cela una nostalgia lontana, evocata dalla presenza rassicurante delle figure genitoriali.
Convivono e si compenetrano continuamente, rincorrendosi tra i versi, la volontà di innalzarsi fino al cielo e la profonda adesione alla semplicità fanciullesca che tutto accoglie e niente cela. La poesia è dunque catarsi, metamorfosi esistenziale alla quale siamo chiamati a far parte.
Poeto perché
altri mezzi non ho
per sfogare quell’Io
che ho dentro di me.
e più avanti, nella lirica Poesia, tratta da Il volo
Acqua, è poesia
che limpida a gocce
pian piano si versa
nel mare salato.
L’aderenza tra l’Autore e il suo proprio verseggiare si fa dunque totale, totalizzante, assorbe il sentire tutto intero e si traduce in rime con spontanea voluttà.
Altrove, la ricerca formale non rinuncia allo sperimentalismo, cercando nell’estrema sintesi il suo più sincero movimento.
Lacrima Notturna
Malinconici compaiono i lineamenti d’amore
e a caval di una goccia…scorre il dolore.
L’amore vissuto, scoperto, bramato: Omar Battiston non nasconde nulla, scegliendo di pubblicare la sua prima lirica, scritta da ragazzo e dedicata ad un’ipotetica fanciulla, e regalandoci poi liriche dense di desiderio, di sguardi e sensazioni armoniosamente carezzevoli laddove non esistono poeti ma istanti di poesia.
D’un tratto il suo volto
s’allontana dal mio.
Si richiudon le labbra
ed appare un sorriso.
Il frammento, da Baciandola, si accosta naturalmente ad altre soavi liriche d’amore che in Vita sono raccolte in una sezione dedicata tutta alla complessità e all’appagamento della relazione amorosa. Riportiamo qui alcuni versi di Amare, dalla silloge Vita
Lancia lontana la nostra mente
ben oltre il semplice nostro presente.
Crea pensieri che rendono vivi
senza sapere dove si arrivi.
Il potere salvifico del sentimento amoroso, coinvolge il pensiero fin dal suo germinare e solleva dunque l’uomo dalla mediocrità dell’esistere per sé solamente.
L’unione degli amanti possiede il potere di trasformare l’uomo attivando corde sconosciute, di riportarlo in un primordiale stato di beatitudine, laddove null’altro fuorché il sentimento e l’ebbrezza generata da esso, trova spazio, in un turbinio di sensazioni fisiche e al contempo intellettuali e spirituali.
Il poeta delinea un’esatta geografia di luoghi e di eventi, che porta a sublimare i tasselli di un mosaico esperienziale attraverso afflati che tendono all’assoluto.
Laddove grande sia la distanza
l’amore riduce la lontananza
dacché il pensiero unisce i destini
percependo sempre i corpi vicini.
L’anima e il cuore sono tutt’uno
alla ricerca perenne di quel qualcuno
che la voglia dell’altro possa saziare
perché questo è in fondo
semplicemente l’amare.
Non mancano, nell’universo poetico dell’Autore, riferimenti sociali e di pensiero critico dove un profondo e autentico senso di giustizia si confronta con la durezza dell’incedere degli eventi, assaporando tutta la tragica consapevolezza dei destini dell’uomo e del pianeta
Ma quel tempo è passato ed ora è lontano
verso il futuro tu tendi la mano.
ma sembri ignorare un fatto banale:
che conviver col globo, è legge vitale!
Eppure tu uomo, continui le guerre;
eppure tu uomo, inquini le terre.
sembra scomparso il tuo senso morale;
sembra che tu…sia a te stesso fatale!
Il verso talvolta esonda dal rigo laddove la sofferenza si frappone fra la pagina e l’Autore, impedendogli di riversarsi in essa con autobiografismo o con esiti ingenuamente diaristici, dando corso a quell’ansia di significazione che condiziona il poeta.
Volgi lo sguardo
Oltre quel muro
Che altro non è
Che la tua paura.
La paura che hai
da quando sei nato.
Quel timore di uscire
agli schemi d’usanza.
Vivi, lirica del ‘93 contenuta ne Il volo, nel suo rivolgersi direttamente al lettore, esprime la brama e al tempo stesso lo sforzo, talvolta improbo, di perseguire l’ideale umano di completezza esistenziale, capace di sorvolare, come in un ipotetico viaggio, le apparentemente insormontabili contraddizioni della condizione umana.
La vita terrena
è solo un mosaico
un mosaico di mondi;
ognuno d’ognuno.
E ancora, immagini fecondate dal sogno sono attimi fuggenti in Il dolce riflesso
Mi specchio nell’onde di quel grande mare
che tutti gli umani ha fatto sognare.
Mi specchio nel fiume, col suo lungo viaggio
che riporta alla mente la figura d’un saggio.
Ma in nessun fiume e neanche nel mare
la mia immagine ideale mi appare
come quella che vedo, se solo lo vuoi
dolcemente riflessa negl’occhi tuoi!
Esso non è soltanto il connettivo spirituale delle liriche, ma anche la cifra estetica consona al sentire del Poeta, capace, con poche pennellate, di lasciar intravedere un mondo sommerso, di dire, ben oltre i limiti di un chiuso componimento, creando un’ansia di inespresso, sempre empatica, coinvolgente e intimamente significante. Al tempo stesso, il modo “antico” viene vivificato dell’energismo e dell’impeto accesi; riflessi di una vita più forte e con un alto grado di consapevolezza dei destini umani fonte sorgiva d’inquietudine.
C’è chi ha denaro ed ogni ricchezza
ma vive la vita, con bieca tristezza.
Da parte opposta, c’è chi muore di fame
chi vive nel lercio in mezzo al letame.
Allora, Omar Battiston traccia le parole su una spiaggia laddove liquide schegge di esperienza formano ed elaborano in maniera profonda quei percorsi dispersivi e distratti che dalla percezione arrivano alla consistenza antropologica. I toni del parlato, dell’assolo, del confidenziale, la sintassi, la metrica, la musicalità diventano tutti elementi che mirano ad attingere una unità cercando una lingua che possa parlare di ogni cosa senza mai tradire il vero.
I monti avvolti in un dolce, ma freddo manto;
un velo che li copre quasi con pudore, o forse
l’Autore sente la colonizzazione del desiderio come scenografia ultima e più profonda della propria ricca esperienza esistenziale specie laddove lavora una poesia sublime e quotidiana in cui i due ordini di significato, universale e lirico, si compenetrano e sciolgono in un dettato denso di scelte stilistiche e contenutistiche che sconfinano nel post-moderno.
Pieno di nulla…
che sa di sazio di fame!
Straripando, mi scopro e mi sento…
colmamente vuoto!
Né mancano, nella produzione letteraria del poeta trevigiano toni crepuscolari che tendono a vedere la realtà nella prospettiva della fine, dell’apocalisse, dell’inesorabile precipitare verso il naufragio e l’annullamento della storia nell’eterna quiete del nulla laddove una lirica fusione di orizzonti porta ad una originale identificazione sovratemporale fra l’oggi e l’antico. In tal senso, condividiamo quanto scrive Silvia Leoni in prefazione a Il volo “Egli non rifugge il dolore ma lo esorcizza con la poesia che gli offre un piano prospettico alternativo al reale”.
Presagio di quello che forse è la fine.
Presagio di quello che per molti è l’inizio.
L’inizio di ciò che non è la vita.
L’inizio di tutto per chi non ha niente.
L’atmosfera che si riflette nei primi versi di Morte, si ripropone anche in Paura e ritorna, mescolandosi all’esperienza del distacco in liriche come A Sonia o Ciao Papà… dove lo spazio del ricordo si tinge di nostalgico affetto, di occasioni mancate, senza lasciare che rimpianto e disperazione prendano il sopravvento sulla speranza, una fiducia profonda nel bene, che Omar Battiston non abbandona mai.
Ciao Papà…, dedicata alla figura paterna, vissuta con contrapposti sentimenti, è, come ben dice Marta Fadda “Un lucido canto d’amore verso un padre non perfetto che, nonostante i suoi errori e le sue mancanze, ha lasciato un segno indelebile nei ricordi di un figlio che, con gli anni ha capito e perdonato determinate situazioni. Forse un atto dovuto nei confronti di quel bambino che dal padre si aspettava amore e comprensione e che ha potuto chiudere i ponti con il passato solo perdonando un uomo fragile che, ‘in fondo non era cattivo’. Ora, in età adulta, quel legame si è rinsaldato. Forse è più forte di prima e va oltre la morte liberandosi con un saluto finale che raggiunge il cielo, l’aldilà. Con la morte due anime, padre e figlio, si ritrovano per non doversi separare più.”
Ciao Papà…
Osservando il cielo, una lacrima scende
un lieve stupore la mia anima prende.
Ritorna alla mente figura paterna
di un uomo che ormai è anima eterna.
Di un uomo che forse ha molto sbagliato
ma lo stesso uomo mi ha pure creato.
pochi sfuocati e brevi ricordi
di quando mia vita era ai primordi.
Disagio violenza, il quotidiano
e l’alcool vigliacco costante in mano.
E tribolazione silente di giovane mamma
che tenea per sé questo suo dramma.
Ma ora sorrido con gli occhi all’insù
pensando a quel padre che or non v’è più.
Pensando e credendo in fondo in fondo
che tu fossi buono nel tuo profondo.
Sembra scaturire, dai versi, la profonda convinzione che sia il nostro sguardo, soggettivo e mutevole, a colorire la realtà esistente, a discapito di un’oggettività comunemente accettata. Siamo dunque lontani da ogni forma di sterile ripiegamento, inutile arrovellarsi sui personali dispiaceri e tentativi di comprensione intellettualistica o filosofica.
L’Autore pare piuttosto teso a inneggiare alla gioia della vita vissuta e accettata, in ogni sua possibile accezione. E lo stile, talvolta aneddotico di alcune liriche non fanno che sottolineare questa intima consapevolezza, sottolineata, nella prima raccolta, Vita, da citazioni, quasi a voler avallare un pensiero in costante divenire, teso alla pacificazione dell’esistere.
Nell’universo dei ricordi, la figura paterna, non priva di lati oscuri e sofferti, viene tuttavia accettata e interiorizzata proprio dalla capacità di compenetrare l’intricato nodo delle vicende contingenti, che possono sfuggire alla volontà individuale ed essere con ciò esenti dal senso di colpevolezza che genererebbe rancori.
Il perdono, allora, assume un significato altro, una consapevole pacificazione non solo con il proprio vissuto personale, ma con una parte oscura, sfuggente, bisognosa di alterare la realtà per poter esser percorsa, che circonda il percorso esistenziale. L’andamento melodico, anche in questa lirica, non perde un battito, alleggerendo la tematica e l’impatto emotivo immediato; per contro la musicalità persistente rende questa, come molte altre liriche, facilmente interiorizzabili, quasi a favorirne la memoria, intonando una specie di canto a bocca chiusa.
I tuoi errori, forse davvero
e lo dice il mio cuore sono sincero
non eran farina del tuo stesso sacco
ma eri tu preda del dio Bacco.
Il lettore si trova allora di fronte ad un processo complesso, stratificato, che, partendo dal personale incedere, suggerisce una via di riconciliazione, attraverso la catarsi poetica, e si concede di sorridere, quasi commosso. La poesia nasce, come per caso, mentre l’Autore si allena, correndo, attraversa la campagna e solleva lo sguardo al cielo: ecco sopraggiungere ondate di ricordi, che fino all’attimo prima parevano assopiti o sepolti dalla polvere del quotidiano, ma subitamente premono sulle corde dell’animo e devono trovare una forma consona e fluire dagli strati più profondi del Sé, in rime baciate, in endecasillabi, solo raramente in versi sciolti. L’urgenza della scrittura, assecondata con costanza e sedata dalla pratica, emerge con forza nei significativi versi di Settembrino temporale marittimo
Alte son l’onde sul litorale
non dorme più sabbia or sul fondale.
Schiaffeggia la spiaggia vento pungente
ma da nord-est nubi s’aprono lente.
Altrove, declinata secondo un’angolatura personale e spogliata di punte troppo accese, la versificazione di Omar Battiston registra una vena di malinconia che pervade il verso di pensosa riflessione e placa nel ritmo piano e lineare l’intensità delle emozioni. Uno scavo interiore su remote esperienze trova nel soffio di vita, d’amore, di morte, una sua luminosa fioritura metafisica che riverbera una misteriosa forza empatica rivelando un’insolita capacità di sintonizzarsi sui canali profondi della psiche presa in un viavai d’amore, specie laddove aderisce all’aspettativa inconscia del lettore e alla sua domanda di senso. Esemplificativo il frammento di Sfiducia
Perché sono un ago
ma senza la cruna
perché sono un lago
che non riflette la luna.
O anche, in Il volo, che titola la prima raccolta poetica
ma guardando la vita solo dal basso
a bloccare lo sguardo, bastava un sol sasso.
La presenza del divino, una spinta verticale che permette all’uomo di sollevarsi al disopra delle proprie contingenze e nutrire una speranza senza tentennamenti, è costante e attraversa trasversalmente la produzione del poeta trevigiano. Riportiamo, emblematica di tale anelito vitale, l’inedita
L’altra metà della luna
Sopra l’ansa del fiume, osservo seduto
la lucente sfera nel cielo sospesa.
Oh, quante volte e quante genti han veduto
la nobile palla al nulla appesa.
Quanti pensieri, quante preghiere
ad essa han rivolto persone e poeti.
Quanti sguardi all’insù per migliaia di sere
come lei nessuno, ha unito più ceti.
Ognun a veder l’ispiratrice sovrana
con spicchio minuto o a piena faccia.
A sperar di arrivare sulla sua piana
e lasciar su di essa la propria traccia.
La Luna sovente rappresenta la vita
una porzione si scorge, quella dorata
eppur l’esistenza non è lì finita
vi è anche la faccia non assolata.
Ecco…il pensier or mi conduce
a vedermi seduto su una sua duna
laddove del Sol non riflette la luce
ad accarezzar…l’altra metà della Luna…
L’indagine allora si apre, oltre la sfera del sensibile, rimanendo tuttavia sempre accessibile, condivisibile, senza cercare inutili orpelli, nella accezione linguistica apparentemente consueta che gli è propria. Le scelte lessicali sono infatti sempre governate dall’istanza prima della comunicazione, della possibilità di dialogo con chiunque, senza pregiudicare con ricercatezze falsificanti, la comprensione intima del fluire del verso. Ci appare allora la nobile palla al nulla appesa, che cattura l’attenzione anche dei bambini, in talune notti luminose, capace di ridestare sopite emozioni, preziosi fili di memoria che si intrecciano all’istanza stessa del mistero che il moto dei pianeti suscita, disorientati da un universo di cui percepiamo solo labili frammenti.
Non manca, nella produzione poetica di Omar Battiston, una significativa prova in dialetto –cioè il suo parlar materno come Dante ci insegna – il veneto musicale che ci trasporta con impeto in quel nord-est che tanto attinge dalle sue frontiere, teatro di guerre e di ritrovate pacificazioni, luogo di contraddizioni, qui dipinto con saggezza popolare, dalla penna di chi è capace di ascoltare e fare proprie le parole che nell’aria soggiornano orfane.
Anche qui si predilige il ritratto, un carosello di anime perse che si fa voce e porta alla luce proverbi e convinzioni popolari, tra l’aneddotico e il satirico. Una benevolenza diffusa, mai giudicante, volta piuttosto ad accogliere e dar voce ad un universo umano che si trasfigura attraversando il sentire poetico.
In questo affresco colorito non mancano le vecie, le vecchie, che non vogliono rassegnarsi al passare degli anni, e si agghindano per nascondere, seppur maldestramente, la loro età.
El mondo
Son drio pensar a cos’che l’è el mondo
ma me sa che aea fine l’è un gran girotondo.
L’è chi te varda e no dise mai gnent
le chi che invese…parla par gnent.
Ghe xe quel che lavora e vien casa desfà
el magna un bocon e s’indormenza sul sofà.
Dopo invese le quel che va al bar
e non ghe pensa gnanca a lavorar.
L’è chi che se sposa a vinti ani
E che a trenta l’ha 3 fioi e 2 cani
e ehe se quel che a mare ancora dise:
“Me fioll’è co mi e l’ha mes e radise!”
Tra tante tose ghe xe anca quea
Che se magna pan coa mortadea
E no a se mete a vardarse al specio
Tanto a pensa de sposarse un vecio.
Ma non vengono risparmiati neppure i benpensanti, l’ipocrisia di chi prega e non attende che il momento buono per frodare il prossimo. Una convinzione chiude la poesia, e sembra sintetizzare l’amoroso sguardo del poeta sul mondo
…e pì che ghe pense e pì me convinse
che l’è chi perde parchè qualcun vinse.
Me sa che ades son proprio convinto
che el mondo l’è bel …parchè varipinto.
E di tale radicata, profonda convinzione di Omar Battiston non possiamo che essere partecipi, spinti dalla leggiadria del suo verseggiare sincero a guardarci d’attorno con gli occhi di un bambino, capaci di interrogativi esistenziali, ma pur sempre pronti al gioco, allo stupore alla continua ricerca di una spinta verso l’alto.
editrice totem
154 libri pubblicati
AA.VV.
E se la sera poi non viene – poesie
SALVATORE ACANFORA
Il cittadino e il parlamento – saggio
ACCADEMIA DI ROMANIA
Convegno trajaneo – saggio
LINA ACQUARIO
La favola bella – favole
MARIA CRISTINA AMICI
Le leggi dell’universo – saggio
BRUNO AMORE
Fuochi, braci, ceneri – poesie
VINCENZO ANCONA
Profilo d’Autore – catalogo d’arte
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Totogioco con i numeri – saggio
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Frammenti di vita – poesie
MARINA ANGELINI GIUDICISSI
Verso la luce – saggio
MARINA ANGELINI GIUDICISSI
Iniziazione alla nuova era – saggio
MARINA ANGELINI GIUDICISSI
Versi di primo mattino – poesie
MARINA ANGELINI GIUDICISSI
Interpretazione esoterica – saggio
MARINA ANGELINI GIUDICISSI
L’universale dell’anima – poesie
GUIDO ANTONANGELI
Maestro di vendita – saggio
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Gli argini del tempo – poesie
GIANCARLO ARIENTOLI
La speranza con le gambe spezzate – teatro
GABRIELLA BALESTRIERI
Il gregge, i giullari e il pastorale – romanzo
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Al passar della luna – romanzo
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Chiara e le altre – romanzo
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Stalin – saggio
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Domenico Defelice – saggio
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Scattering – romanzo
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Auxoanalisi – saggio
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Celere clessidra – poesie
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Alt! Qui l’amore – saggio
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Castelli di sabbia – romanzo
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Metafisica della malattia mentale – saggio
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Genesi dell’estetica moderna – saggio
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Trattato di Nuova Estetica – saggio
FRANCESCO BUSCEMI
Pascoli lirico – saggio
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Toglietemi il vino – racconti
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L’ora del lupo – racconti
VITO CAPORASO
Sto cercando di smettere – racconti
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Il canto del nomade – poesie
MARIA LUISA CAPUTO
Le storie di Mizar – racconti
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Resistenza – poesie
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Tra le braccia della luna – poesie
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Arcobaleno – poesie
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Azzurre ombre – poesie
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Pettinengo e dintorni – memorie
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La tana del drago – poesie
ROBERTO COLLE
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Lo sbarco di Anzio – saggio e foto
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Poesie e pensieri di Roberto Colle – monografia
GIANFRANCO COTRONEI
Le origini di Lavinio fra storia e memoria – saggio
GIANFRANCO COTRONEI Il volo infinito di Eleonora Cogliati – monografia
GIANFRANCO COTRONEI – ANGELA GIASSI
Il bello di Lavinio – racconti
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Sul gradino del cuore – poesie
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La voce dell’anima – poesie
MARIO DEL NOCE
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Li canti de Roma mia – poesie
RENATO DI DOMENICO
Tutte le poesie – poesie
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La staffetta del cuore – biografia
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Studio di fattibilità – saggio
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Ma solo con tanto amore – romanzo
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Valladolid Nassirya – diario
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No-art – catalogo d’arte
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I mercanti del tempio – romanzo
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Celestina – romanzo
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Odio le donne – romanzo
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Zibaldone dei termini insoliti – saggio
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Poesia ed esoterismo di Marina Giudicissi Angelini – monografia
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Aporie del I teorema di Euclide – saggio
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VALERIA MARIOTTI
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Finito di stampare da Digital, Roma
nel gennaio 2014